Chi o cosa c’è dietro la morte di Aaron Swartz?
Una morte destinata a far discutere. Inevitabilmente quando ci si trova opposti dinanzi un giudice, se il tuo “avversario” soccombe prima del giudizio, l’altro ha i fari puntati su di se. Ebbene, dopo il suicidio di Aaron Swartz, gli occhi sono puntati sul Mit (Massachusetts Institute of Technology), colpevole (secondo un orientamento abbastanza diffuso) di aver perseguito Swartz: nel processo previsto ad aprile infatti, per il downalod dei documenti informatici del JSTOR e del MIT, in caso di condanna, avrebbe rischiato ben 35 anni di carcere. Anche da qui, probabilmente, è scaturita una profonda depressione, poi sfociata nel gesto estremo. Sul proprio blog, il Mit ha fornito una risposta, ma adesso bisognerà veramente approfondire questi aspetti per capire quanti e quali colpe hanno influito sul suicidio di Aaron.
Aveva soli 26 anni ma la sua attività può essere paragonata al contributo che Rita Levi Montalcini ha lasciato nel campo della medicina. Aaron Swartz era un attivista digitale, un maestro dell’informatica, un genio ribelle che aveva, a più riprese, passato dei guai con la giustizia: rimane appunto celebre l’accusa di aver sottratto dei documenti riservati al Mit ed averli messi su una rete di condivisione. Era fatto così: professava sempre la libertà del web e della cultura libera. E non andava d’accordo con le forme di censura: era in prima linea a protestare contro il Sopa, il trattato che voleva limitare il raggio d’azione di Internet.
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