ilpicchioparlante

un popolo ignorante è più facile da governare

Dimmi perché scrivi

E ti dirò chi sei. Reciterebbe così, uno slogan molto famoso, volendo personalizzare gli interessi e le opinioni di turno. Fortuna che, ognuno di noi, potrebbe avere motivi diversi, con la speranza che

bambina_che_scrive-21siano abbastanza validi e stimolanti da portarci lontani. Anzitutto, molti sono abituati a dare dell’artista solo a chi dipinge, a chi crea qualcosa. Ecco, voglio sfatare subito questo mito: per me, la scrittura, anche in quanto forma di libertà di esprimere le proprie idee ed opinioni, è a tutti gli effetti una manifestazione artistica.

E non bisogna puntare troppo a Dante o Umberto Eco per dire una cosa simile. Un semplice articolo potrebbe restare impresso a diverse persone senza che l’autore possa guadagnare la notorietà. E ci sono contenuti, inchieste, libri che durano negli anni, con idee che nutrono diverse generazioni. Se non è arte questa, che si conserva negli anni e continua ad arricchire gli altri, dal punto di vista culturale e professionale, di cosa parliamo?

Fissato questo concetto, bisogna poi distinguere due macro-categorie: ovvero, chi scrive per mestiere, e chi invece per passione. Non che le due cose non possano essere coniugate, ma chi scrive per un compenso economico, potrebbe avere da questo anche uno stimolo in più per andare avanti. E qui si cela un grande interrogativo, ovvero se i volontari (in questo caso dell’informazione) debbano avere più o meno motivazioni degli “stipendiati”.

Argomento tutt’altro che scontato, ma che si presta invece a diverse inquadrature. Gli stimoli vanno ricercati anzitutto in quello che si vuole comunicare. Se a me interessa che il mio pensiero raggiunga qualcun’altro perché mi sta a cuore, allora non avrei problemi a farlo senza soldi. Certo però, per molti, anche un minimo compenso potrebbe essere di vitale importanza.

La cosa fondamentale, e ritorniamo al titolo di questo post, è il perché: oltre la ricompensa, oltre le emozioni che si possono trasmettere, oltre la forma d’arte che si vuol raccontare, la sfida, almeno per come l’ho intesa io nel mio saggio, è condividere qualcosa per aumentare la consapevolezza di chi ci ascolta o legge.

Questa possibilità, è già appagante del lavoro svolto. Si, perché anche questo è definibile come lavoro. Nel momento in cui abbiamo svolto qualcosa di produttivo, e non ci siamo solo lamentati o rivolto critiche verso qualcosa o qualcuno, non abbiamo perso tempo. Anzi, proprio per la sua funzionalità, è stato un momento di crescita, personale – senza dubbio – ma potenzialmente anche per la società.

17 marzo 2015 - Posted by | Attualità | , , , , , , , , , , ,

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