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un popolo ignorante è più facile da governare

Non c’è democrazia senza rappresentanza

Dopo le elezioni di fine febbraio che ci hanno consegnato un Paese, e in particolare, un Senato senza maggioranza alcuna, e le consultazioni tra i partiti nelle quali poco o nulla è emerso rispetto alle scelte da attuare e ad un Governo da formare, il Quirinale ha provato con la scelta dei saggi a sbrogliare la matassa, ma almeno al momento, senza riscuotere troppo successo.

democrazia senza partiti

 Ed ecco che torna d’attualità il dibattito su una democrazia senza partiti, ovvero senza quella intermediazione, probabilmente sempre più stringente, tra eletti ed elettori che non riesce a tenere uniti parole chiave come rappresentanza e funzionalità (intesa anche come governabilità).

I partiti, visti sempre più spesso come vecchie strutture di stampo burocratico, tradizionaliste, spesso ancorati a centri di potere che nulla hanno a che fare con gli interessi della collettività, e che, in questo preciso momento storico hanno una fiducia ai minimi storici, sarebbero dunque obsoleti per un nuovo, basilare, concetto di democrazia.

Fabio Chiusi continua nella sua lucida analisi, citando pensieri di Adriano Olivetti, Rosmini e Minghetti, per evidenziare come il dibattito sul ruolo svolto dai partiti non sia ad esclusivo appannaggio del MoVimento 5 Stelle, ma sia già materia di studio della storia contemporanea (metà dell’Ottocento). Ne tantomeno sarà uno streaming, come suggerisce Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano, a cambiare l’ordine delle cose e ridare nuova linfa al concetto del “potere del popolo”. La trasparenza richiesta (ed auspicabile) va oltre una diretta di un “vis-a-vis”.

Eppure, una via alternativa resta ancora da trovare. Insistere sul concetto di autogoverno delle comunità, entità governativa infinitamente più piccole rispetto ad uno Stato come quello italiano, è un po’ come riprendere in mano il discorso sul federalismo e sul decentramento amministrativo. Magari con meno slogan rispetto a quello proposto da Bossi & co. Un esempio da seguire, imitare e pubblicizzare è quello relativo al Comune di Capannori.

Autonomia dal potere centrale, che non riesce a tenere conto dei bisogni dei territori, democrazia diretta con controllo dei governanti da parte dei governati,  maggiore partecipazione e massima condivisione nelle scelte e nei bisogni da soddisfare, affinchè gli interessi di chi prende le decisioni siano quanto più prossimi – per non dire gli stessi – della comunità di appartenenza.

Pubblicato su Agorà Digitale

2 aprile 2013 - Posted by | Politica | , , , , , , , , ,

5 commenti »

  1. e come ci si regola nei rapporti internazionali, per la difesa ed altre cosucce di questo tipo?

    Commento di laura caputo | 3 aprile 2013 | Rispondi

    • per cose del genere si potrebbero prevedere consigli appositi, con un delegato per ogni comunità. Sarei disposto a pagare un prezzo del genere, ma nel frattempo avere partecipazione, condivisione e controllo delle comunità….Intanto, lo stato delle cose, dimostra che questo tipo di democrazia è agli sgoccioli. Ma non è uno slogan “alla Grillo” eh; è una situazione che va avanti da anni, e adesso, sta per esplodere!

      Commento di ilpicchioparlante | 3 aprile 2013 | Rispondi

  2. […] thanks: Aneddoti, Picchio, Webeconoscenza, […]

    Pingback di Il personale era politico. Lo è ancora | Luca De Biase | 10 aprile 2013 | Rispondi

  3. Bell’articolo, ma concordo con chi dice… si spera sempre che alla fine vada tutto per il meglio!

    Commento di domenico | 13 Maggio 2013 | Rispondi

    • grazie del complimento!
      per il “meglio” ci dovremmo quantomeno provare. Mi spiego: dipende anche dalla società, da noi 😉

      Commento di ilpicchioparlante | 13 Maggio 2013 | Rispondi


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